Si fa nelle Marche dal XIII secolo: il liquore dei marinai è l’unico rum d’Italia

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Il liquore dei marinai veneziani è l’unico vero rum d’Italia. Nasce molti secoli fa e profuma di anice: quel che si chiama mistrà è una delle cose più particolari che potrete bere in vita vostra, a patto che lo troviate. Se avete la fortuna di trovarlo, provatelo e leggete: è davvero interessante.

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Nel cuore dell’Italia centrale, sulle splendide colline delle Marche, si trova un liquore unico e anche abbastanza raro conosciuto come mistrà, e sa di anice. Questo spirito, spesso chiamato anche rum italiano, vanta una storia ricca e deliziosa che affonda le radici nella Serenissima Repubblica di Venezia. Sin dai tempi dei commerci marittimi il mistrà ha accompagnato (e servito) i marinai veneziani nei loro viaggi, diventando una bevanda localmente molto iconica con dentro aromi e tradizioni antiche.

Mistrà: caratteristiche di un liquore un bel po’ diverso

Mistrà cocktail

Il mistrà è un liquore secco e deciso caratterizzato da un forte aroma di anice, che ne fa da base. Ciò lo rende abbastanza comparabile all’ouzo greco con cui ha diverse cose simili e diverse cose dissimili. Tradizionalmente è fatto con una infusione di semi di anice accompagnati da altre erbe aromatiche che fanno parte delle coste dell’Adriatico e della Laguna veneziana, ma sulla base del vino avanzato di navi e osterie. La risultante è un liquore che, seppur sia molto alto a gradazione alcolica (42 gradi alcolici) , risulta molto versatile.

Oggi come oggi si usa come digestivo, come correzione del caffé o diluito per creare cocktail e long drink. Essendo poi al 100% naturale, e molto aromatico, si può utilizzare per dare un buon aroma a dolci e biscotti.

Da dove proviene il Mistrà? Ecco le sue origini

Ouzo greco in bicchiere

Le origini del mistrà sono legate alla storia antica, quando Venezia era la definizione nuda e cruda di potenza marittima. La sua nascita deriva direttamente dalla conquista della città greca di Mystrás (Peloponneso) e alla sua scoperta da parte dei veneziani nel XIII secolo. Fu in questo periodo che i veneziani scoprirono qualcosa di simile all’ouzo, che portarono in Italia dandogli il nome della città conquistata.

Parte della diffusione è merito di Lorenzo Tiepolo, podestà veneziano di Fermo nel tredicesimo secolo introducendo il mistrà nelle Marche per farlo creare localmente. Col passare dei secoli (e le dominazioni austro francesi) smise di essere così ricercato, ma la sua tradizione vive tutt’oggi grazie a qualche lavoratore locale. Ci fu, fra questi, uno di nome Girolamo Varnelli che a fine ‘800 ripropose la ricetta creando l’Anice Secco Speciale, un’eccellenza delle Marche.

La riscoperta del Mistrà e come goderselo

Anice

Ora come ora il mistrà sta tornando in auge per vari motivi. In primis, alcuni appassionati lo hanno riscoperto ed è bello vivo grazie a marchi storici molto ben noti come Pallini che continuano a produrlo e venderlo sia nel Bel Paese che all’estero.

A Venezia stessa, invece, la riscoperta deriva da Fabio Busetto, uno storico del cibo veneziano, che assieme a un produttore casalingo ha creato il Mistrà 1267, difficilmente reperibile e praticamente un prodotto horeca (hotellerie, restaurant, cafè: prodotti solo per i locali).

Come godersi il Mistrà

Per apprezzare appieno il mistrà ci sono vari modi. Tradizionalmente è servito liscio come digestivo, spesso accompagnato da qualche cubetto di ghiaccio. Altri lo usano come correzione per il caffè (come questo) oppure, chi lo apprezza di più come rinfrescante, semplicemente lo diluisce con dell’acqua e ghiaccio, ottimo per le calde giornate d’estate.


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