Pranzo della domenica: consigli, idee e ricette della tradizione

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La domenica, storicamente, è la giornata del riposo, nel corso della quale rigenerarsi dopo una settimana di intenso lavoro; un’oasi tra le molteplici difficoltà del quotidiano; una pausa dagli affanni settimanali da dedicare a sé stessi, alla famiglia, agli hobby.

In pratica, il “settimo giorno” assume tradizionalmente le sembianze dettate da un copione quasi fisso: la passeggiata mattutina, l’odore del ragù, la tavola imbandita, il pranzo consumato in compagnia degli affetti più cari, il divano, l’immancabile partita..

Il pranzo della domenica – i luoghi e i profumi della memoria

È da quando eravamo bambini che la domenica la viviamo così, e anche da adulti, sebbene gli impegni non manchino mai e capiti molto spesso di dover adempiere ad obblighi diversi, quando possiamo tornare allo schema classico della domenica in famiglia, lo facciamo sempre molto volentieri.

Sarà che forse torniamo tutti un po’ bambini, o che in questo modo ci sembra di tenere strette, in un abbraccio virtuale, tutte le persone che più amiamo, ma di fatto la tavolata domenicale incarna una tradizione nella quale ci ritroviamo e ci riconosciamo un po’ tutti, indipendentemente dall’età e dalla provenienza geografica.

Ma affinché la tradizione sia rispettata, anche i piatti in tavola devono riportarci, col ricordo che solo le appetitose fragranze sanno rievocare, al mito della domenica in famiglia, accogliente e coinvolgente come pochi altri luoghi della nostra memoria.

I piatti della tradizione: la cultura del ragù

Il piatto che più di ogni altro rappresenta la tradizione culinaria italiana e che per decenni è stato riservato ad allietare la tavola della domenica è sicuramente il ragù.

Celebrato in una famosa poesia da Edoardo De Filippo, nel 1959 l’eclettico e straordinario artista napoletano gli riconosce lo status di istituzione irrinunciabile e simbolo della famiglia, nell’opera teatrale “Sabato, domenica e lunedì“, della quale sicuramente tutti ricordiamo la famosa trasposizione cinematografica, interpretata dalla iconica Sophia Loren.

I tempi del classico fine settimana italiano, nella commedia di Edoardo, sono scanditi dal dolce, continuo “pippiare” del ragù, allora come oggi, in una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, immutata e rassicurante.

Il ragù napoletano: apoteosi di gusto

Il ragù è così radicato nella cultura italiana che ogni regione, ogni provincia, ogni città ne presenta una variante. I più celebri, a base di pomodoro e carne, sono il bolognese ed il napoletano, che pur proponendo, grosso modo, gli stessi alimenti di base, danno vita a sughi dalla consistenza e dall’aspetto assai diversi, ma pur sempre squisiti.

Il ragù napoletano, nella sua ricetta originaria, prevede l’uso dello strutto nel quale rosolare un battuto di cipolla, sedano e carota. Al soffritto va poi aggiunta, un poco alla volta, la carne che deve essere rigorosamente composta da puntine di maiale, salsiccia, muscolo di vitello, braciole e, se proprio si vuole esagerare, dagli involtini di cotenna, sempre di maiale.

A questo punto urge fornire alcuni chiarimenti linguistici, a cominciare dalla definizione di braciola, che a Napoli non è la nordica fettina con l’osso, bensì rappresenta un ulteriore alimento oggetto di culto pagano, irrinunciabile anche nel sugo più scarno, per il quale costituisce il minimo sindacale del condimento.

La braciola napoletana (diffusa in tutto il mezzogiorno d’Italia) è una fettina sottile di carne bovina, derivante dal carré o dalla fesa, condita con aglio, pinoli, prezzemolo, uvetta e formaggio pecorino, avvolta su se stessa a formare un involtino e legata stretta con l’apposito cordino da cucina, affinché durante la cottura non perda il suo aromatico ripieno.

Analogo involtino può essere realizzato con la cotenna di maiale, la “cotica, altra delizia quasi mitologica della cucina napoletana, squisita ma da centellinare soprattutto in vista degli esami del sangue. La braciola di cotica va preparata con la cotenna ben pulita, raschiata e depilata, magari direttamente dal macellaio al momento dell’acquisto.

I pezzi di carne così compositi vanno rosolati attentamente, su tutti i lati, bagnati col vino e, solo dopo che si è formata la crosticina, sommersi da abbondante passato di pomodoro che, ricordiamo, è destinato a ritirarsi a causa della lunga cottura. Aggiungere, quindi, una manciata di foglie di basilico fresco, il sale ed un pizzico di zucchero, che elimina l’acidità tipica del pomodoro.

Sophia Loren metteva il ragù sul fuoco dal sabato, per consumarlo la domenica. Se può sembrare un po’ troppo, si può tranquillamente avviare la cottura la domenica mattina, ma presto, poiché il ragù ha bisogno di cuocere almeno quattro ore.

Il ragù – dal primo al contorno in un’unica ricetta

Una volta pronto, il ragù va utilizzato per condire la pasta nella trafila preferita, sebbene i formati più adatti e che meglio si legano a questo sugo denso e consistente, siano quelli corti e rigati, come i rigatoni, le penne ed i tortiglioni.

Egregio l’abbinamento con la pasta fresca, in particolare con fusilli e cavati (cavati, non gnocchi). Una spolverata abbondante di formaggio, che a seconda dei gusti può essere parmigiano, pecorino o la deliziosa cacio-ricotta (ricotta stagionata) e l’eccellenza è servita.

I pezzi di carne vanno gustati come secondo piatto, ancora intrisi di sugo e fumanti, abbinati ad una fresca insalata. Se il sugo dovesse rivelarsi abbondante, lo si può tranquillamente conservare in frigorifero per qualche giorno, chiuso in un contenitore ermetico, oppure, volendo continuare con i piatti della tradizione, utilizzare per realizzare una squisita parmigiana di melanzane.


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