Le pesche sono un frutto amatissimo in tutta Italia, grazie alla loro diffusione capillare e a una storia che si fa risalire addirittura all’antica Roma.
Fu proprio nell’Urbe che questi frutti, originariamente associati alle campagne di conquista di Alessandro Magno, iniziarono a essere consumati in maniera sempre più diffusa: carnose, saporite e adatte a tante preparazioni diverse, sono cantate anche da Rutilio Tauro Emiliano Palladio, secondo il quale erano una presenza fissa nei giardini di Dario III di Persia.
Con appena 39 calorie ogni 100 grammi di parte edibile, le pesche si possono gustare senza sensi di colpa, concedendoci una pausa golosa durante le calde giornate d’estate.
Non solo poco caloriche, ma anche ricche di vitamine: in un etto di pesche possiamo trovare 260 mg di potassio, 8 mg di calcio, 20 mg di fosforo e 4 mg di vitamina C. Presenti in concentrazioni minori anche ferro, niacina e vitamina E.
L’indice glicemico della pesca è variabile a seconda delle varietà, ma rimane comunque medio-basso e generalmente compreso tra 28 e 56.
Le pesche contengono quasi il 91% di acqua rispetto al loro peso complessivo. Ecco perché il loro consumo, oltre a essere particolarmente dissetante, favorisce un immediato senso di sazietà, soprattutto se mangiate con tutta la buccia.
Il buon apporto vitaminico, in particolar modo del gruppo A e C, favorisce la prevenzione del rischio di malattie a carico dell’apparato respiratorio, eliminando i processi infiammatori e fungendo anche da utile salvaguardia della vista.
Consumare pesche significa inoltre favorire la regolare digestione e la funzionalità renale, oltre ad aiutare lo stomaco a lavorare meglio, grazie al rilascio di enzimi che, aumentando gli acidi nello stomaco, permettono a quest’ultimo di lavorare al meglio.
I benefici si estendono poi anche all’estetica e al benessere visivo del corpo: le pesche sono ricche di flavonoidi, utili per la distensione delle rughe e per riequilibrare i processi di produzione sebacea a carico della pelle e del cuoio capelluto.
Le pesche non hanno particolari effetti collaterali, mentre le controindicazioni sono circostanziate alla buccia e al nocciolo, due elementi che si possono eliminare facilmente.
La buccia, che in molti consumano (previo lavaggio), può in alcuni soggetti affetti da ipersensibilità irritare le mucose nasali e della bocca.
Il nocciolo, che ovviamente non va consumato, contiene al suo interno amigdalina, un composto responsabile del rilascio di acido cianidrico, ovvero il componente base del cianuro.
Essendo molte le varietà di pesca in commercio, anche la scelta e l’acquisto deve tenere conto di questi fattori.
In generale, però, il frutto deve presentarsi integro e piuttosto turgido, segno che la maturazione è incompleta o appena iniziata ovvero non è marcescente. La buccia deve essere opaca, anch’essa intera e non ammaccata o con punti scuri.
La pesca è un frutto primaverile-estivo. La si trova in commercio già nel mese di maggio, ma le qualità migliori coincidono con l’arrivo della stagione calda.
I mesi migliori per consumare le pesche sono giugno e luglio, ma in generale possono essere acquistate fino a settembre inoltrato, magari per realizzare una deliziosa marmellata di pesche fatta in casa.
Le varietà di pesche si distinguono innanzitutto in due gruppi base: quelle dalla pelle liscia e quelle dalla pelle “pelosa”.
Vi è una ulteriore distinzione tra nocciolo aderente e non aderente alla polpa, ma la distinzione fondamentale è proprio quella tra pesche e pesche noci (o dalla pelle liscia).
Le varietà principali sono la pesca gialla (che si distingue in numerose cultivar come la Springcrest, la Springbelle o la Redhaven), la pesca bianca (come l’Iris rosso), la Nettarina o pescanoce (come la Sbergia, varietà endemina della Valle del Niceto in Sicilia), il percoco o percoca (più utilizzata nella produzione industriale di confetture e frutta sciroppata).
Sono diffuse soprattutto nel Sud Italia le merendella, pesche della zona calabrese tirrenica e del messinese, la pesca saturnina (anch’essa proveniente dalla Sicilia) e la pesca di Bivona, che si coltiva tra le province di Palermo ed Agrigento.
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