La pasta alla carcerata è un piatto della tradizione italiana che unisce sapori intensi e ingredienti semplici in un abbraccio cremoso e avvolgente. Degno piatto, probabile variante, di ricette più famose stile anni ’80, che nasce dall’ingegno popolare e dalla voglia di staccarsi da quegli anni austeri del dopoguerra. E va sempre bene.
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Trita finemente una cipolla piccola e soffriggila in una padella con un filo d’olio extravergine di oliva a fuoco basso, fino a quando diventa trasparente.
Mentre la cipolla cuoce, rimuovi il budello dalle salsicce e sbriciolale direttamente nella padella con la cipolla. Alza leggermente la fiamma e fai rosolare la salsiccia fino a quando non è dorata e ben cotta.
Sfumala con 200 ml di brandy, lasciando evaporare l’alcol, e mescola bene per amalgamare i sapori.
Aggiungi 250 g di passata di pomodoro alla padella, mescola e lascia cuocere il sugo per una decina di minuti a fuoco medio-basso, fino a quando si addensa leggermente.
Quando il sugo è pronto, abbassa la fiamma e aggiungi 250 g di panna fresca. Mescola bene per ottenere una salsa cremosa e omogenea.
Nel frattempo, cuoci 320 g di pasta corta (come rigatoni o mezze maniche) in abbondante acqua salata. Scolala al dente (o un minuto prima) e trasferiscila direttamente nella padella con il sugo.
Mescola la pasta con il sugo, aggiungendo 60 g di parmigiano reggiano grattugiato, un pizzico di pepe e prezzemolo tritato a piacere. Salta la pasta in padella per un minuto, in modo che si amalgami bene con la salsa.
Servi la pasta ben calda, guarnita con un’ulteriore spolverata di parmigiano e prezzemolo fresco, se lo desideri.
La pasta alla carcerata è un piccolo capolavoro che prende le sue radici nella tradizione popolare del centro-sud, dove da sempre la cucina è una espressione di ingegno, semplicità e necessità. Il nome stesso ricorda un po’ un contesto di ristrettezza dove gli ingredienti erano limitati e il bisogno di fare cose sostanziosi e nutrienti era una necessità. Un po’ come la tradizione del panino, che da qualche parte è diventata iconica, tipo quella botta di vita della Paposcia come piatto unico per il pasto dei braccianti.
Il risultato di usare certi ingredienti ben conservabili è solo la delizia, ma ormai non ci sorprende. L’uso della panna da cucina, però, ricorda molto gli anni ’80. E ciò va bene, anzi, va benissimo: combinare panna e salsiccia crea una salsa cremosa e ricca, perfettamente bilanciata dal pomodoro leggermente acido che viene un po’ smorzato e reso omogeneo dall’uso del brandy (con cui si può fare una ciambella deliziosa).
Dopotutto negli anni ’80 la cucina nostrana si è aperta a nuove sperimentazioni senza rinunciare, nel modo più totale, alla ricchezza… degli ingredienti, e alla ricchezza dei sapori. Il vecchio periodo austero di fame era alle spalle, e si faceva di tutto per lasciarlo alle spalle: l’opulenza della panna in cucina era un must, così nei tortellini alle 3P (panna, prosciutto e piselli) o nel famoso e onnipresente cocktail di gamberetti.
Oggi come oggi la pasta alla carcerata è apprezzata per essere buona, semplice, facile e veloce. Ma non è la sola ricetta con queste caratteristiche.
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