Il nome trae facilmente in inganno: sicuramente, infatti, anche tu avrai pensato di leggere “mortadella”, invece vogliamo parlarti della “mortandela”.
Un salume completamente diverso a partire dall’origine ma anche nel sapore (leggermente affumicato) e nella forma, che ricorda quella di una polpetta un po’ schiacciata.
La mortandela è un salume dalle origini antiche, oggi anche raro: scopriamo allora cos’è la mortandela trentina e come si mangia!
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La mortandela è un salume tipico della Val di Non in Trentino, presente in ogni degustazione tridentina che si rispetti. Di carne suina (spalla, pancetta, gola e coscia, più raramente cuore e polmoni), affumicata e dalla forma “a polpetta” da 2 etti ciascuna, la mortandela vanta origini antiche.
Un tempo le famiglie della Val di Non avevano l’abitudine di comprare un maialino alla fiera dei santi. Dopo averlo allevato per circa un anno, nutrendolo solo con alimenti naturali (crusca, patate, fieno e scarti di ortaggi), veniva dismesso e la sua carne veniva disossata, sgrassata e snervata, poi macinata nel mortaio (da qui il nome), insieme alle spezie.
L’impasto ottenuto veniva diviso in porzioni di circa 2 etti l’una e lasciato asciugare così, senza essere insaccato. Per l’asciugatura venivano utilizzate delle assi di legno ricoperte di farina di grano saraceno o di mais. Dopo 12 ore, le porzioni di carne venivano affumicate a una temperatura di circa 25 °C e poi girate. Il procedimento di asciugatura e affumicatura, veniva poi ripetuto dall’altro lato, così da garantire un risultato uniforme. Infine, la mortandela veniva fatta stagionare per un periodo variabile che andava da una settimana a un mese.
Ancora oggi questo salume viene prodotto secondo la tradizione, ma solo alcuni produttori della Val di Non seguono i gesti e le fasi di un tempo. Infatti, il problema è reperire la materia prima, ovvero suini allevati solo con mangimi naturali, il che permette di ottenere quel sapore equilibrato della carne, abbinato a quello delle spezie che non devono essere invadenti. Anche le note affumicate della “vera” mortandela devono essere piacevoli e, inoltre, la carne non deve presentare nodi, cartilagini e parti coriacee.
La versione più stagionata (dai 15 ai 30 giorni) è ottima cruda, da sola oppure abbinata ad altri salumi e formaggi locali, così da creare un antipasto o un aperitivo tipicamente trentino, buono da leccarsi i baffi!
La mortandela fresca è ottima anche per insaporire zuppe (soprattutto quella trentina), crauti e risotti (come il risotto al Teroldego), oppure dopo la cottura, accompagnata da polenta, verdure lesse o patate.
Un abbinamento particolarmente consigliato è quello con il tarassaco cotto, ma la mortandela è gustosa anche se cotta alla griglia.
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