La fava è un legume probabilmente originario dell’Africa settentrionale, sicuramente molto antico: la parola deriva dal latino faba, in greco la fava era detta kyamos, i Greci attribuivano alle fave diversi valori simbolici. Considerate afrodisiache, tanto che in un’iscrizione del VI secolo a.C. rinvenuta sull’isola di Rodi, si consigliava ai fedeli di non mangiarle se si voleva rimanere in uno stato di purezza. Venivano usate già in età arcaica per interrogare gli dei attraverso un sorteggio, una pratica che poi verrà traslata in ambito politico in età classica, durante la quale i legumi erano usati per le votazioni politiche. L’usanza di utilizzare le fave per votare continuò anche nel Medioevo, anche nella Toscana ottocentesca dove, a questo scopo, le si dividevano in nere e bianche, una pratica testimoniata anche dall’espressione idiomatica “mettere alle fave”, ovvero, mettere a votazione. Le fave sono sempre state l’umile, ma indispensabile carburante proteico della storia passata: oggi, esse sono diventate il cibo della convivialità e della rinascita dell’orto in primavera, l’ingrediente principe delle prime scampagnate con gli amici.
Le fave aiutano a favorire il buon funzionamento dell’intestino apportando una buona quantità di fibre, possono inoltre aiutare a contrastare malattie cardiovascolari e diabete controllando l’assorbimento intestinale di colesterolo e zuccheri, aiutando così a ridurre colesterolemia e glicemia. Le vitamine del gruppo B favoriscono il buon funzionamento del metabolismo, mentre la vitamina A e la vitamina C forniscono una protezione antiossidante. La vitamina C aiuta inoltre a rispondere efficacemente alle infezioni. Fra i minerali, fosforo e calcio sono alleati della salute di ossa e denti, mentre il ferro è importante per la produzione dei globuli rossi. Le fave non devono essere mangiate in caso di favismo (un’anomalia genetica che interessa alcuni enzimi contenuti nei globuli rossi) e potrebbero essere controindicate a chi è predisposto ai calcoli.
Le fave si deteriorano subito, attenzione a quelle più vecchie che hanno il baccello molliccio e chiazzato di nero, così com’è grigiastra l’attaccatura dei semi al baccello. Sarebbe un delitto cuocere le fave più “giovani”, piccole, tenere e soprattutto deliziose:
andrebbero mangiate crude, mentre si possono lasciare quelle più grandi per altre preparazioni. Le fave hanno uno scarto altissimo, pari a circa il 70%, per ottenere una quantità media di circa 250 grammi di fave pulite si deve comprare circa un chilo di prodotto. Il tegumento, morbido e tenero nelle fave piccoline, diventa coriaceo nelle fave più grandi e
mature, quindi queste vanno spellate: basta sbollentarle in acqua bollente non salata per circa un minuto, lasciarle raffreddare per poi premere i semi, le fave usciranno dalla pellicola in un attimo.
Le fave fresche sono molto delicate e si conservano in frigo per due o tre giorni, dopodiché anneriscono e si deteriorano: si raccomanda di mangiarle il prima possibile, tuttavia possono anche essere surgelate, sia pulite fresche che sbollentate per un paio di minuti.
Le fave si mangiano fresche con il pecorino, questo più che un abbinamento culinario è un vero e proprio rito primaverile. Non c’è picnic, soprattutto a Roma e dintorni, senza il mitico fave e pecorino.
Ci sono diversi modi per utilizzare al meglio questo legume: si può fare una minestra di fave; una schiacciata integrale di primavera con fave, piselli e pinoli; una crema di fave; fave con prosciutto.
Insieme ad altri due favolosi ingredienti, le fave sono protagoniste dell’Intrecciata, una preparazione formidabile che mette insieme verdura e legumi: infatti servono i carciofi e i piselli, tutti disponibili freschi nel periodo primaverile. La cottura è in padella, molto semplice perché servono cipolla, peperoncino, olio EVO e vino bianco: questa ricetta ricchissima di proprietà e gusto è sicuramente il modo migliore di celebrare i prodotti di stagione.
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