La pupazza frascatana è un biscotto tradizionale dei Castelli Romani, un usuale dolce molto inusuale: in quel di Frascati, tra le Ville Tuscolane che sono così vicine a Roma, si biscottizzano le forme femminili, e con tre seni. Perché due quando puoi averne tre? In realtà è molto semplice: in un solo biscotto c’è tutta la storia di Frascati. La storia vinicola e culturale si incarna, o meglio si inbiscotta, in un simbolo di fertilità e abbondanza, con ingredienti semplici ma di qualità. Il Fontana Candida di Frascati non va da solo, ma va da sé che non è l’unico vino a cui dovresti abbinare una pupazza frascatana.
La pupazza frascatana si crea con pochi ma semplici ingredienti che fanno direttamente parte della tradizione contadina da cui deriva. La ricetta della pupazza frascatana prevede solo 4 ingredienti: farina (di tipo 0 oppure 00), olio extravergine d’oliva, miele millefiori o di acacia e aroma di agrumi, spesso di arancia, e alle volte sotto forma di un distillato alcolico.
Considerata la semplicità, il prodotto finale esce bene solo fra un buon lavoro di mano e di forno, e di ottimi ingredienti. Il sapore autentico e genuino, d’altronde, sempre da lì deriva.
Spesso e volentieri l’olio extravergine di oliva spesso proviene dalla Tuscia e dà un po’ di delicatezza all’impasto, il miele addolcisce e tiene la consistenza bilanciata mentre l’arancio è tutto profumo. C’è chi utilizza aromi diversi, ma questa è la ricetta più semplice, a testimone della qualità dei prodotti del Lazio. E a tal proposito, la pupazza frascatana è un PAT, un Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Lazio.
Mentre a livello di preparazione non è necessariamente complessa. Ma procediamo per gradi.
Per preparare la pupazza frascatana devi avere:
Un po’ come i mostaccioli, dopo il raffreddamento saranno duri, ma si ammorbidiscono col tempo. Considerando che non ci sono proprio un granché di ingredienti deperibili, possono durare anche un paio di settimane, ma l’aroma non ci metterà troppo a svanire.
Carlomorino, Public domain, e Patafisik, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons
Sembra una tradizione antica, ma non lo è. Forse. La pupazza frascatana origina negli anni ’60 quando è stata creata come un dolce scherzoso per celebrare la tradizione vinicola di Frascati. La forma femminile con tre seni non è una mera curiosità, anzi: due seni sono il latte materno mentre il terzo è dedicato al vino. Con un altro seno si va a riflettere l’importanza del vino per la cultura di Frascati, e questo perché c’è una leggenda da cui origina la pupazza frascatana.
A livello di simbologia siam lì, perché le versioni della storia cambiano a seconda di chi le racconta, il che è più che naturale quando si parla di leggende. E secondo tale leggenda ci fu una mammana, che in termini più comuni era una balia, che doveva prendersi cura dei piccoli pargoli; figli e figlie di famiglie modeste, che lavoravano la terra durante il giorno, ma che come tutti i figli avevano bisogno di cure e attenzioni. Ebbene, tale mammana durante la vendemmia era facilmente capace di calmare i piccoli irrequieti con un po’ di buon vino di Frascati. Un ciuccio di stoffa, che profumava divinamente e sembrava, intinto nel vino, un altro seno.
Questa immagine ricorda un po’ le vecchie abitudini contadine dove si diceva che un tempo anche il pane dei bambini si bagnava nel vino, una pratica al tempo comune che ormai è superata.
In realtà la pupazza di Frascati fu semplicemente una variazione un po’ per caso che è piaciuta a chi la ha provata, e la ha richiesta più volte, consolidandola nel tempo. Questo sarebbe successo nel dopoguerra, considerato che Frascati è stata bombardata più volte e ha perso diversi monumenti, e da qui l’idea di far nascere una correlazione con la tradizione vinicola di Frascati.
Certo, c’è chi associa la pupazza di Frascati alla Venere di WIllendorf per simboleggiare abbondanza e maternità. Il che non è completamente improprio, considerate le forme con cui alle volte creano la pupazza.
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Oltre ad essere ovviamente consumata da sola, la pupazza frascatana è un emblema della cultura enogastronomica dei Castelli. Il turista, classicamente, ne rimane incuriosito, chiede, assaggia e ne rimane felice: sia per una questione di gusto, che per portarla a casa: la pupazza frascatana è un souvenir iconico di Frascati, e la si trova facilmente nei forni artigianali della città.
Ci sono diversi produttori, ma i più rinomati sono due forni antichi: il Fornaretto di Amadei (dal 1876) e il Forno Ceralli (aperto invece nel 1920). Sono forni storici che tutt’oggi seguono le ricette tramandate da generazioni, anche quelle in forma orale, garantendo l’autenticità della pupazza e di tante altre delizie.
La produzione della pupazza tiene vivo il legame con la tradizione, andando costantemente ad elogiare la maestria dei forni artigianali, per questo sono fatti con cura e per questo vengono usati anche come regali. Non c’è solo il Fontana Candida a Frascati, o altri tipi di vini, ma tante cose da gustarsi.
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