Pane e pasta, grano, acqua e poco più. Questa è la base, o meglio i termini minimi della dieta, ma alle volte può essere più che sufficiente. Quando si pensa alle tradizioni si ricordano ricorrenze, rituali, nomi, fatti, e alle volte il cibo: molte sono le regioni che hanno le proprie specialità, ma poche possono vantarsi di certe rarità. È risaputo che le ricette sarde sono fra le più apprezzate e inusuali del Bel Paese, ma così succede anche coi loro formati di pasta.
No, stavolta no: non stiamo parlando di un formato di pasta antichissima del calibro della fregola sarda o di qualcosa di particolare come le panadas sarde, ma dei Filindeu, una pasta quasi impossibile da replicare, e che si è provato a replicare, senza successo. Nascosta tra le montagne della Sardegna, in provincia di Nuoro, c’è questa pasta nota per tre cose, nello specifico:
e oggi te la raccontiamo, ti va? Preparati perché è una pasta di semola di grano duro con la particolarità che viene tirata per 7 o 8 volte di fila ad angoli diversi.
Il nome stesso, “fili di Dio”, evoca l’idea di qualcosa di celestiale e misterioso. Solo poche persone al mondo, quasi solo donne anziane, sanno ancora come farla e usano tecniche secolari tramandate quasi solo oralmente. Serve una quantità di maestria e una pazienza immensi, ma i filindeu sono tutt’oggi la pasta più rara del mondo e fra poco capirai perché.
La Chiesa del Rosario, a Nuoro. Sailko, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons
La storia dei filindeu è strettamente… intrecciata con quella della Sardegna più autentica che si può chiedere. I filindeu sono un simbolo di devozione, di fede, più che un semplice formato di pasta. Il pellegrinaggio verso il santuario di San Francesco di Lula, che si fa due volte l’anno nei primi giorni di maggio e ottobre, è l’evento dove i filindeu vengono serviti ai fedeli.
Durante il pellegrinaggio i devoti si fanno 33 km a piedi partendo dalla Chiesa del Rosario di Nuoro (questa in foto) e arrivando al santuario di Lula. Stiamo comunque parlando di un viaggio di preghiera e riflessione che finisce con un piatto caldo e molto nutriente di filindeu in brodo di pecora, una ricompensa spirituale (e culinaria, poco ma sicuro) per l’impegno dei pellegrini.
Il significato di filindeu è “fili di Dio”, che viene fatta da oltre tre secoli ed è un tesoro culturale rarissimo. Quelle poche donne sarde che fanno parte della famiglia Abraini hanno custodito con gelosia il segreto della preparazione, tramandandolo. Il filindeu però non è mai stato un piatto ordinario, solo per quei due momenti speciali e ogni tanto per qualche evento, ma è raro, molto raro.
E come rarità detta, anche il prezzo è alto, ma lo vedrai più tardi. E difatti, tra la questione dell’esclusività e la difficoltà tecnica dei filindeu è diventata la pasta più rara del mondo, tant’è che persino Jamie Oliver (un famosissimo cuoco britannico, ndr.) non è riuscito a imitare la pasta.
Aggrucar, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Una volta che i filindeu vengono lavorati e asciugati prendono vita nella loro forma tradizionale, o meglio, nella loro unica forma: i filindeu in brodo di pecora. È come una zuppa, i cui perni effettivamente sono due: il brodo di pecora (e erbe locali) bello robusto e selvatico che si assorbe dai fili sottilissimi dei filindeu, e poi ovviamente il pecorino sardo che è un formaggio a dir poco deciso quanto delizioso, e si usa nel brodo.
Si può usare sia il pecorino fresco che quello stagionato, ma di solito si usa quello fresco. Dettaglio importante è come i filindeu vengono spezzati: quando sono asciutti vanno tagliati in piccoli pezzi sui 5 cm per facilitare la cottura uniforme. Il tutto poi viene servito bollente, per scaldare gli animi.
Nonostante la sua lunga storia e il legame con la religione, la sopravvivenza dei filindeu è a rischio, alto rischio. La produzione è stata quasi sempre limitata a una famiglia che ha tramandato la ricetta, ma col passare del tempo le artigiane sono diminuite in maniera a dir poco drammatica. Forse una decina di persone al mondo sanno ancora farli, ma un filo di speranza c’è.
Questo è un problema che viene dalla crisi generazionale. I giovani hanno meno interesse nel continuare una tradizione poco conosciuta e ancor meno apprendere la tecnica complessas che chiede anni di pratica. Però parliamone un po’.
La ricetta dei filindeu, come anticipato prima, prevede la creazione di una una pasta di semola di grano duro con la particolarità che viene tirata per 8 volte di fila ad angoli diversi.
L’impasto di semola di grano duro e acqua viene lavorato a mano per circa un’ora, idratandolo continuamente con una soluzione di acqua e sale per ottenere la consistenza corretta. Viene poi diviso in pezzi sui 100 grammi, messi a cilindro e tirati a mano. Il processo di tiratura e piegatura viene ripetuto per otto volte, creando 256 fili sottili. I fili sono disposti su un piano tondo fatto di foglie di asfodelo in tre strati, con angolature differenti per favorire l’essiccazione. Infine, la pasta viene tagliata, cotta nel brodo di pecora e condita col pecorino sardo.
Visualizza questo post su Instagram
Per tentare di preservare il tutto, la Slow Food International ha inserito i filindeu nell’Arca del Gusto, un progetto volto a salvaguardare prodotti in estinzione tipo questo, ma nonostante gli sforzi, la una nuova generazione che passi il testimone non è semplice da trovare.
Paola Abraini è una delle artigiane più conosciute che ha cercato di insegnare la tecnica a persone fuori dalla famiglia per provare a dare un futuro ai filindeu. Ha proposto di aprire una scuola per tramandarne l’arte, ma la mancanza di fondi ha reso il tutto un po’ complesso, ergo fa le lezioni, ma nella sua cucina.
Questa pasta qui, che viene paragonata alla seta di mare (il bisso) richiede mani esperte. I fili di Dio sono una parte del nostro patrimonio che va preservata, e infatti trovarla fuori dalla Sardegna è difficile.
Nuoro dall’alto
Nonostante il fascino e quel po’ di attenzione internazionale in più (di pochi anni) per i filindeu la loro complessità li rende impossibili da replicare su scala industriale. Ci ha provato la Barilla, leader mondiale nella produzione di pasta, a sviluppare un sistema meccanico che sapesse riprodurre con la stessa precisione artigianale i filindeu. Non ci sono riusciti. La particolare tecnica di tiratura e piegatura, oltre alla delicatezza dei fili, chiede un controllo manuale raffinatissimo.
No, nemmeno Jamie Oliver c’è riuscito a replicare i filindeu, così come molti si arrendono dopo poche ore, ammettendo che la pasta chiede un livello di abilità che è qualcos’altro. Fra le cose più critiche del fare i filindeu è appunto il tatto: le artigiane che fanno i filindeu non seguono una ricetta standard ma si affidano alla capacità di percepire l’impasto con le mani.
In lavorazione serve sentire quando l’impasto ha una certa elasticità (e resistenza) per essere tirato in fili sottilissimi senza che si spezzi. Ci vogliono anni di pratica e non è qualcosa che si impara facilmente, ma con dedizione. Ed è per questo che i filindeu sono praticamente introvabili. E difatti, filindeu, a che prezzo?
I filindeu sono disponibili su Amazon al prezzo di 64.99€ al kg. Rimane, comunque, la pasta più rara del mondo.
La Videoricetta Top