Conosci la Pampanella? Molto probabilmente no: è lo street food meno social di tutto il Molise, ma è buono da far bruciare la lingua. Carne di maiale, cotta in forno, in un modo specifico: si conserva, è deliziosa, ma rimane morbida. Fare di necessità virtù, ma andrebbe conosciuta meglio (e assaggiata di più).
Fra le tante delizia del nostro Bel Paese c’è un piatto nascosto di una regione che si tende a tenere un po’ nascosta. Un piatto così nascosto che, pure a livello social, si conosce a malapena: si chiama pampanella e nonostante sia una star emergente nello street food è praticamente sconosciuto: dove la carbonara ha 2 milioni di hashtag su instagram, la pampanella ne ha.. neanche 2000. Le sue origini hanno le proprie radici nella tradizione pastorale molisana dove la pampanella regna sovrana, per chi la conosce. Voi la conoscete?
La pampanella è una pietanza ormai già antica, in effetti pastorale: deriva dai tempi in cui i pastori si percorrevano i tratturi – le vecchie vie della transumanza – e richiedevano sostentamento che durasse. Per quanto di ricette buone ne avevano eccome, serviva comunque qualcosa di conservabile. La pampanella nasce appunto come soluzione: carne di maiale speziata che si conserva usando peperoncino e aglio come conservanti naturali.
Il borgo di San Martino in Pensilis, provincia di Campobasso, è quello riconosciuto come origine della specialità. Secondo varie teorie il nome pampanella deriva dal pàmpino, il nome della foglia di vite che si usava per avvolgere la carne in cottura. E in effetti, un antico testo dell’Ottocento (la fisica appula) descrive in maniera dettagliata come la pampanella veniva cotta: la carne va marinata, messa su una griglia e coperta da foglie di vite, cuocendo lentamente sotto brace per 3 giorni.
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La pampanella è un piatto che sorprende abbastanza, dato l’equilibrio fra semplice e sapore intenso. Si fa con la carne di maiale, di norma pancetta o costine, ed ha un colore rosso vivo che deriva da una mistura fra peperoncino dolce e piccante che si usa in marinatura. L’aglio è abbondante, più una miscela di spezie.
Più che altro il segreto sta nel come viene speziata: la carne viene cosparsa di sale, peperoncino e aglio, poi lasciata a riposo e infine cotta in forno, coperta, per tenere la morbidezza e impedire che si secchi. Rimane una carne tenera, succosa, saporita, piccante e duratura. Il peperoncino storicamente è un conservante naturale, ma oggi viene utilizzato di meno, in modo da rendere la pampanella più delicata e appetibile per più palati.
Inizialmente era fatta come piatto da preparare in casa, ma la pampanella ha avuto una trasformazione enorme, diventando uno dei migliori street food del Molise. Spesso e volentieri la si conosce per la prima volta a feste popolari e sagre, dove la pampanella è una presenza fissa (così come la panonta di Miranda, un panino gastronomico… fritto)
Nello specifico, fra le cose più importanti è la competizione tra produttori che dal 1971 li fa gareggiare per la pampanella migliore. La comunità di San Martino in Pensilis ha cercato di ottenere il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta), ma non ci è ancora riuscita; però ha ottenuto la DECO (Denominazione Comunale), che è comunque una certificazione a tutela della tradizione.
Oltre la questione dell’appetibile, però, non era per molti palati. A San Martino costava molto: nell’800 i baroni ne godevano nei pasti ma non la offrivano agli ospiti. Alle volte i produttori la barattavano per oggetti di prezzo, ma nel ‘900 si abbassarono i prezzi e divenne ben più comune.
Spesso e volentieri la pampanella la si consuma dentro ai panini per i pranzi veloci. Anche in versione moderna rimane un po’ la stessa, seppur forse un po’ meno piccante e con qualche eventuale conservante che non sovrastiil tutto.
La pampanella, seppur rustica, ha visto varie novità di recente: la più nuova è il Kepampa, un mezzo incrocio tra pampanella e kebab. L’idea nasce da Giuseppe Colucci, imprenditore che nel 2017 ha portato la tradizione sullo spiedo che rotea, quello del kebab.
Il kepampa tiene la ricetta originale. Semplicemente la carne non la si serve in teglia ma messa su uno spiedo e tagliata a fettine sottile, sempre dentro a un panino. Colucci spera di esportarla fuori dal Molise per arrivare a Milano e Torino, reinventando qualcosa che fra essere famoso e gusto ha una relazione inversamente proporzionale.
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