Chi è stato in Sardegna di sicuro ha avuto la fortuna di assaggiare le specialità dell’isola come i culurgiones e le seadas, ma forse in pochi hanno provato le panadas.
Che, in quanto a golosità e sapore, non sono davvero seconde a nessuno.
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La panada ha una forma rotonda che la rende molto simile ad una pentola a pressione. È composta da una grande sfoglia di pasta rotonda lavorata come un recipiente, con bordi alti dai 5 ai 10 centimetri ed un diametro variabile dai 20 ai 40 centimetri.
La sfoglia contiene il ripieno (inserito crudo come vuole la tradizione), richiusa da una sfoglia di pasta idonea per dimensione a fungere da coperchio, con una chiusura eseguita manualmente simile ad un cordoncino che decora il bordo.
La sua altezza è in funzione della quantità di ripieno che si vuole usare o del numero di persone che la consumeranno. Normalmente la panada ha una pezzatura variabile per il consumo da 2 a 3 persone o da 6 a 7 persone, ossia un nucleo familiare.
Le dimension devono essere generose e adeguate ai commensali anche perché, per tradizione, il giorno in cui si prepara la panada sulla tavola non compare altro, neanche il pane.
La lavorazione della pasta, composta da farina, semola, strutto, olio di oliva, acqua e sale, prevede un tempo di riposo di almeno 30 minuti. È seguita quindi dalla stesura compiuta con un mattarello al fine di ricavare due dischi di sfoglia: uno con diametro voluminoso per la base ed uno proporzionalmente più piccolo per il coperchio, considerando che la grandezza dei dischi è funzionale alla quantità di ripieno da inserire.
Sopra questi si posiziona quindi uno strato formato dalle patate o altre verdure e sopra esso lo strato di carne di agnello.
Si procede a perfezionare i bordi della pasta sfoglia creando delle piccole pieghe al fine modellare quasi una pentola, che per essere completamente riempita, può necessitare di ulteriori strati dei predetti ingredienti e condimenti fino allo strato che aderirà al coperchio di pasta sfoglia, generalmente composto dallo strutto per la carne di agnello.
Si procede quindi alla chiusura dell’involucro, posizionando il coperchio di pasta. L’abilità tipica delle donne sarde nell’operazione di chiusura ermetica della panada prevede che con le due dita della mano sinistra si assottigli la pasta che unisce i due dischi, mentre con indice e pollice della mano destra la si arrotoli creando un sottile cordoncino che chiude i due lembi di pasta che, oltre a sigillare la preparazione, funge da elemento decorativo della panada.
Il prodotto si informa a 180 /190 gradi per almeno 90 minuti, verificando costantemente la temperatura.
Anticamente, la preparazione della panada prevedeva l’utilizzo del forno a legna per la cottura. Attualmente, con i nuovi forni, si procede invece in questa maniera: si pone il disco grande di pasta sfoglia all’interno di una teglia per creare la base, sollevando quindi i bordi come un contenitore e si aggiungono i condimenti quali olio di oliva, sale, pepe, pomodori secchi, prezzemolo e aglio.
A cottura ultimata, la panada assume un colore dorato ed un profumo intenso che rimanda agli ingredienti del ripieno.
Al termine della cottura, per migliorare l’aspetto estetico si stende sopra la pasta dorata un velo di strutto di maiale per conferire lucentezza alla panada.
La panada, lasciata riposare per almeno un’ora, è poi servita ben calda. Come dicono gli anziani in Sardegna, sa panada deppiri mattii, e cioè che deve riposare per meglio valorizzare i sapori.
La panada è un piatto versatile che, oltre al classico ripieno di carne d’agnello (e di anguilla nella zona dell’asseminese) possono essere variati con altre combinazioni di verdure di stagione. Oltre le sempre presenti patate, è infatti possibile usare anche piselli, carciofi e fave.
La panada nasce come piatto di un popolo semplice di pescatori e agricoltori che viveva nell’agro di Assemini, da cui traevano pescato, in particolare anguille nello stagno di S. Gilla, e carni di agnello o capretto dai pascoli circostanti. Tutto ciò faceva sì che questi prodotti costituissero il cibo principe per gli Asseminesi.
Le donne di Assemini il giorno che facevano il pane in casa approfittavano della accensione del forno a legna e oltre al pane, preparavano anche la panada.
La consuetudine delle famiglie di Assemini per la preparazione della panada in ragione dell’arrivo di ospiti è sempre stata ben radicata. Infatti, oltre alla produzione destinata al consumo domestico, è possibile trovare la panada su prenotazione negli agriturismi locali, ristoranti e diversi negozi di gastronomia.
La tradizione vuole anche che la panada sia presentata a tavola intatta, con la sopracitata forma di contenitore chiuso e sia quindi aperta davanti ai commensali per assaporane il profumo e, solo dopo, sia suddivisa in porzioni.
Risalire alle origini di questa peculiarità culinaria è praticamente impossibile per mancanza di dati precisi. Nella memoria degli asseminesi è sempre stata una costante, come emerge dai tanti modi di dire che ne dimostrano l’appartenenza alla comunità. Eccone alcuni.
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